Esistono tre metafore, in particolare, associate all’apprendimento.
Argomentazioni tautologiche e a vicolo chiuso nelle quali tutti/e noi, prima o poi, ci imbattiamo.
Vediamole.
Metafora numero uno.
L’apprendimento è frutto di una catena di montaggio.
Immaginiamo una fabbrica di imbottigliamento di conserve (o di ciò che si preferisce): sul rullo è ben allineata una moltitudine di recipienti di diverse dimensioni e forme, al suo fianco degli addetti manovrano uno stock di macchine predisposte a riempire e a sigillare questi contenitori.
Via via che i suddetti recipienti passano davanti loro, gli addetti immettono in quantità variabili diversi prodotti – lettura, ortografia, matematica, storia, scienze,…-
Dall’alto, la direzione decide a sua volta quando questi debbano esser avviati ed inseriti nella catena di montaggio, nonché quanto tempo ci debbano stare, quale prodotto versare dentro, in quale proporzione e come agire per omologare quei recipienti con l’imboccatura diversa o con altre caratteristiche differenti.
Metafora numero due.
Gli studenti sono simili a cavie da laboratorio chiuse dentro una gabbia dentro la quale devono superare prove (che molto probabilmente nella vita reale non avrebbero mai dovuto affrontare). Da un lato della gabbia c’è la cavia, dall’altro una forma rotonda e una triangolare.
Quando la cavia preme sulla forma “corretta”, riceve una ricompensa;
quando preme quella “errata”, riceve una scarica elettrica.
Metafora numero tre.
La scuola è assimilata ad una sorta di centro di recupero.
Se gli allievi apprendono, è merito della scuola;
se non apprendono, sono questi ad aver fallito.
Leggere e accogliere che in qualche modo esistano queste tre metafore è dura, è assolutamente possibile e comprensibile una reazione di rigetto: che esagerazione!!
Con umiltà e buon senso, proviamo a analizzarle insieme.
Si è parlato di “imbottigliare dei contenitori di diverse dimensioni e forma” con del prodotto scelto dall’alto (in quantità, qualità e tempistiche), insomma in una modalità imposta ed eterodeterminata.
L’omologazione ha cessato di esser una meta-base indicativa (storicamente trovava una sua ragion d’esser nella lotta contro l’analfabetismo) per assurgere al ruolo di meta-obiettivo.
Tot. ore di questa materia, tot. ore di quell’altra per tot. anni…e se i risultati sono miseri, è perché non si è riempito a sufficienza il contenitore .
Il ragionamento si pone da passerella: qual è stato l’aumento proporzionale di ore scolastiche?
Ai miei tempi non c’erano rientri né orari da lavoratori.
Abbiamo poi incontrato l’esempio delle cavie con le loro ricompense e le scariche elettriche. Sostituiamo queste due parole con “bastone” e “carota” “rinforzo positivo” e “rinforzo negativo”: i bei voti e le lodi contro i pessimi voti, lo scherno e la minaccia di fallimento.
È un concetto nuovo ed astratto o possiamo invece comprendere ciò di cui si tratta?
Infine, abbiamo storto il naso alla lettura di “centro di recupero”.
Di recente sono sorte problematiche che un tempo era sconosciute e che vengono racchiuse in una generica macro-categoria denominata : “disturbi dell’apprendimento“, un’etichetta che ingloba situazioni di vera patologia, assieme a tutte quelle esternazioni del singolo che mal si conciliano con i requisiti dell’indottrinamento passivo.
Un genus pragmatico e concettuale che dà per sotteso e scontato l’infallibilità del sistema scolastico.
Non è, quindi, il sistema scolastico, non c’entra l’approccio, né tanto meno eventuali manifestazioni e messaggi legati al vuoto d’attaccamento con le figure adulte di riferimento,.. Per farla breve è un discarico di responsabilità che andrà a gravare su chi?
Un presupposto generico e generale è che i bambini/le bambine (le persone) non amino imparare; senza scuola e senza imposizione bivaccheranno tra ozio e inefficaci passatempi.
Ogni sfumatura socio-culturale ce ne parla.
Non ditemi che non vi è nemmeno per un attimo venuto in mente Lucignolo nel paese dei balocchi?
Questo è un chiaro esempio di come ciò che riteniamo veritiero ed assoluto, sia spesso in realtà il prodotto di quanto che ci è stato inculcato, in modo diretto o in modo subliminale.
Tutte queste metafore sono false e non perché lo dico io o perché l’ha detto Holt, la Montessori o altre persone.
Lo sono perché, se lasciamo da parte per un attimo ogni reticenza e ci concentriamo sul nostro vissuto (di bambino e su quello attuale) e su quello dei nostri figli e delle nostre figlie, potremo non solo percepirlo, ma anche vederlo.
Ogni persona, sin dalla più tenera età, ha voglia di sapere, di conoscere, di scoprire.
Ogni persona è naturalmente e spontaneamente un’appassionata esploratrice, allieva di vita, che si interroga, che scopre, che indaga e che crea i propri strumenti.
Se non la si ostacola, continuerà a farlo e ad aumentare la propria competenza.
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***********Per ulteriori approfondimenti sulle metafore e il libero apprendimento,vedasi la bibliografia di John Caldwell Holt.
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